Di Venezia com’era nella sua “età dell’oro” sappiamo moltissimo: oltre ai quadri dei vedutisti che l’avevano “fotografata” con il pennello, la cartografia le ha dedicato dei veri e propri capolavori (il più noto è quello di Jacopo de Barbari, nell’anno 1.500), che attraversano vari secoli e ci permettono di ricostruire l’evoluzione della “forma urbis”. Si tratta di carte dettagliate in cui calli, canali e ponti venivano riprodotti con pazienza certosina e a volte (come nel caso del Merian nel 1635 e del già citato de’ Barbari) è addirittura possibile riconoscere i singoli palazzi. Sono testimonianze preziose non solo per il loro valore artistico ma anche perché ci tramandano il ricordo di chiese e monasteri minori, molti dei quali andarono distrutti in epoca napoleonica e di cui la toponomastica veneziana ancora porta le tracce: si consideri che per tradizione antica, su ogni isola (prima ancora di collegarla con i ponti alle altre isole!) era stata eretta una chiesa e il nome di certi “campi” veneziani evoca chiese che ormai non esistono più. A titolo di esempio si consideri questa versione acquarellata della carta di Joan Blaeu (cartografo ufficiale della Compagnia olandese delle Indie Orientali e autore di un celeberrimo Atlas Maior (che all’epoca veniva venduto alla “modica” cifra di 45.000 fiorini olandesi):
Purtroppo per noi, le fonti sono molto più scarse per le isole “minori” e per Murano in particolare. Peccato soprattutto nel caso specifico di Murano, dove il depauperamento e le spoliazioni seguite all’occupazione napoleonica privarono l’isola non soltanto delle sue chiese e monasteri (se ne contavano diciotto, ne sono rimaste tre!) ma anche di palazzi nobiliari che nulla avevano da invidiare a quelli veneziani. Per lungo tempo, fra le famiglie nobili era infatti d’uso avere una “seconda casa” a Murano: celebre il caso dei Navagero, che in Riva degli Schiavoni avevano la loro residenza “principale” ma nella dimora muranese avevano creato un giardino botanico all’epoca leggendario, in cui Andrea Navagero (ambasciatore della Serenissima a Madrid, quando venne “scoperta” l’America) era riuscito a trapiantare “in anteprima” (per l’Italia) le scoperte che cominciavano ad arrivare in Europa dal nuovo continente ed avrebbero poi rivoluzionato le nostre tavole. Esempi? il pomodoro, le patate, le fragole, il girasole, il tabacco, i peperoni e altre ancora!
Come si presentava, la Murano di allora? La cartografia finora disponibile ce lo lascia soltanto intuire, perché Murano figura sempre sullo sfondo delle “vedute a volo d’uccello” di Venezia, con cui questi artisti e incisori volevano probabilmente dare al lettore l’illusione di poter “volare” sulle città (sogno antico a cui Leonardo da Vinci aveva dedicato molte energie, ma che si realizzerà solo qualche secolo più tardi).
Con tutte le cautele del caso (cautele d’obbligo, quando si tratta di un “ritrovamento”) e in attesa di alcuni approfondimenti in corso con gli esperti di storia locale (Marco Toso Borella in primis), Rialtofil vi offre in anteprima questo scorcio di una carta del ‘600, che è invece interamente dedicata a Murano (e alle due isole vicine, che verranno successivamente riunite a formare l’isola di San Michele) con una ricchezza di dettagli forse inedita:
Sulla destra di questo scorcio, la chiesa di San Giacomo (ormai scomparsa, eppure la zona è tuttora chiamata “San Giacomo”!) all’inizio di quella che è Fondamenta Navagero: da notarsi la sequenza di palazzi nobiliari (attualmente ne restano soltanto due: Palazzo Cappello e Palazzo Trevisan, con l’aggiunta di un palazzo del tardo settecento), che ne facevano già da allora la zona “residenziale” dell’isola.
Il celebre faro di Fondamenta Piave (unico faro interno alla laguna di Venezia) non era ancora quello che conosciamo ma una semplice torre in legno dalla quale, con un sapiente gioco di specchi, la Serenissima aveva riprodotto l’ingegnoso sistema già adottato dagli antichi romani, tanto che il suo fascio di luce era visibile fino alla bocca di porto del Lido. La struttura attuale, in marmo bianco, risale al 1934 e a questo proposito vorrei chiudere questa prima puntata con un piccolo aneddoto, ignoto ai più. Per alcuni anni, l’immagine del faro di Murano è stata simbolicamente utilizzata per “far luce” sui segreti arcani della Comunità europea (ora Unione europea), le cui procedure sono in effetti materia da “iniziati”: per la guida interna destinata ai suo funzionari, l’esecutivo della UE aveva infatti scelto l’immagine che qui riproduco. I muranesi riconosceranno subito il loro faro, e agli altri non sfuggirà il valore simbolico della scelta: per illuminare le segrete stanze e i labirinti di Bruxelles, ci voleva un faro di antica tradizione, come questo:
Sulle altre isole che formano Murano (sono cinque, senza contare le “sacche” di formazione recente) intendo ritornare più avanti, ad accertamenti (e approfondimenti) ultimati.. perché se questo manoscritto risultasse inedito, si tratterebbe di un piccolo “tesoro” per la storiografia locale e anche se non lo fosse, è un ritrovamento che mi ha riempito di gioia: la nostra laguna non sarebbe la stessa, se il collo della Signora (Venezia) non fosse adornato da quella collana di pietre preziose che impropriamente chiamiamo isole “minori”.
A presto e alla prossima puntata (per chi è curioso di saperne di più)
Rialtofil, 26 agosto 2013
Bibliografia minima:
Jerry Brotton, “A History of the World in 12 Maps”.
David Buisseret, “I mondi nuovi. La cartografia nell’Europa moderna”.
Jürgen Schulz, “La cartografia tra scienza e arte. Carte e cartografi nel Rinascimento italiano”.
Jürgen Schulz, “the Printed Plans and Panoramic Views of Venice (1486-1797)”.