Terzo stralcio della carta di Murano, probabilmente parte di un atlas o isolario pubblicato in pochi esemplari (una ventina) e poi smembrato nei secoli successivi. Questo estratto sarà l’occasione per parlarvi della Basilica di San Donato ma anche dell’omonimo ponte o “ponte dei tuffi” e di altre curiosità muranesi.
Cominciamo dalla Basilica dei Santi Maria e Donato (San Donà), perché ad essa è legata una delle pergamene più antiche conservate a Venezia: custodita nell’archivio patriarcale, è un documento dell’anno 999 in cui il parroco muranese Michele Monetario prestava giuramento di fedeltà al vescovo di Torcello. Quella dell’epoca (anno 999!) non era ancora la basilica attuale (edificata nel XII° secolo), e si chiamava semplicemente Santa Maria di Murano: la denominazione di “San Donato” venne aggiunta nel 1125, quando le spoglie del Santo vennero trasportate a Venezia da Cefalonia (isole ionie) e donate a Murano, che per ospitarne le reliquie fece costruire un grande altare. Il passo successivo fu la costruzione della basilica che possiamo tuttora ammirare: sul pavimento della navata centrale, nel più piccolo dei cinque cerchi iscritti in un riquadro decorato con figure di pavoni e grifoni, è tuttora visibile l’iscrizione latina con l’anno 1141 (data di completamento della basilica che da quel Santo prese il suo “secondo” nome). A titolo di confronto fra la Murano del 1600 e la sua struttura attuale, la mappa che segue può essere di aiuto.
La prima differenza che balza all’occhio è la strada chiamata “rio terà San Salvador” laddove nel Seicento c’erano ancora un canale (rio terà = rio interrato) e quella che si ritiene essere stata la chiesa più antica dell’isola (San Salvador, demolita nel 1834). ll canale a nord dell’isola porta ancora il nome di Santa Maria, e corre parallelo a quello di San Donato nella parte che dà sulla Fondamenta Santi. A nord di quella che era la chiesa di San Bernardo (costruita sul punto più alto dell’isola, che tuttora offre riparo ai pedoni in caso di acque alte eccezionali) non c’era quasi nulla, e l’area su cui sorgono i campi sportivi (di cui l’isola va giustamente fiera) era ancora da costruire. Lo stesso dicasi, ovviamente, per le “sacche” ricavate dai materiali di risulta e successivamente rese edificabili (Sacca Serenella in particolare).
La struttura delle fondamenta che si affacciano sul primo tratto del canale di San Donato (Navagero e Giustinian) è invece molto simile a quella che era 4 secoli fa, anche se alcuni degli edifici dell’epoca sono stati nel frattempo rimaneggiati, e uno venne purtroppo demolito nel XIX° secolo: là dove ora c’è una parete cieca, a destra della prossima foto, sorgeva infatti il Palazzo della Ragione, sede del Podestà che amministrava l’isola ai tempi della Serenissima! Dell’epoca d’oro sopravvivono comunque (oltre a Palazzo Giustinian, sede del Museo del vetro), Palazzo Trevisan e Palazzo Cappello (sulla sinistra, nella prossima foto) mentre Palazzo Paoletta (il primo a sinistra) è di costruzione tardo settecentesca.
Il Palazzo Pretorio, detto anche Palazzo della Ragione, era stato edificato nel 1364 e ampliato nel 1595; ormai lo possiamo ammirare soltano in una incisione del Coronelli conservata alla Biblioteca Marciana, perché venne demolito durante la seconda occupazione austriaca, che per Murano fu particolarmente funesta: in quel cinquantennio vennero demoliti anche i palazzi nobiliari che sorgevano ai piedi del Ponte Longo (come Palazzo Giustiniani Morelli) e i quattro palazzi della famiglia Corner (quella di Caterina, già regina di Cipro). Due di queste dimore sorgevano in campo San Bernardo e per avere un’idea della loro eleganza, in assenza di foto, dobbiamo ricorrrere alla descrizione che ne fornisce l’abate Zanetti, nella sua Guida di Murano (anno 1866). A completare il quadro della “Murano scomparsa” durante la disastrosa occupazione austriaca, vanno citati il Palazzo Grimani che sorgeva in Fondamenta San Giovanni (demolito nel 1830), il Palazzo Lippomano a San Matteo (demolito nel 1817) e Palazzo Vendramin a San Salvador (vedi sopra), dove aveva vissuto il medico Pietro Caffis che vi morí nel 1677, “alla bella età di 102 anni”. A fianco del Palazzo della Ragione, come ci ricorda Marco Toso Borella, si ergeva anche una Statua della Giustizia e per capire come fosse questo lato del ponte rinvio alla sua splendida ricostruzione:
http://www.isolainvisibile.it/Edifici/Palazzo%20della%20Ragione/Palazzo%20della%20Ragione.html
Ritornando alla basilica di San Donà, che per fortuna è ancora in piedi, i suoi mosaici sono ricchi di figure zoomorfe e non hanno nulla da invidiare a quelli della basilica di San Marco, di cui sono coevi. La basilica custodisce anche un altro piccolo “tesoro” che per lungo tempo fu oggetto di contesa fra Murano e Burano (dove era stato ritrovato), finché nel 1543 il Podestà Carlo Querini lo fece murare su una parete della chiesa inserendolo in un bassorilievo con il leone andante, lo stemma di Murano e il suo stemma di famiglia, per dirimere in modo definitivo la controversia e chiarire a chi appartenesse ormai. Di cosa si trattava, e perché era tanto conteso? Era un orcio (“recipiente panciuto di terracotta, con due manici e bocca ristretta”, come lo definiscono i dizionari) ma un orcio molto speciale: chiamato “bottazzo di Sant’Albano”, distribuiva ininterrottamente vino per le funzioni religiose senza che mai ci fosse bisogno di riempirlo.. o almeno queste erano le virtù miracolose che gli venivano attribuite. Per completezza, va anche ricordato che la versione dei buranelli è leggermente diversa: secondo tale versione, il trafugamento del bottazzo non diede gli esiti sperati, perché una volta sottratto ai buranelli, il miracoloso recipiente si mise “in sciopero” e smise di somministrare il prezioso liquido:
http://www.isoladiburano.it/it/Leggende.html
Il ponte che da Fondamenta Navagero conduce alla basilica (ponte di San Donà) esiste da tempo immemorabile ma la sua forma attuale, agile e slanciata, risale al 1761: l’anno di costruzione MDCCLXI è scolpito nella pietra, in basso a sinistra, lato basilica). Sulla pietra di volta che guarda la chiesa vennero scolpiti (e sono tuttora visibili) gli stemmi dell’isola, del Podestà e del Camerlengo. Questo ponte svolge un ruolo essenziale nel periodo estivo, quando alla calura ferragostana offre un rimedio semplice e salutare.. come illustrato dalla foto che segue.
La basilica fu oggetto di modifiche importanti quando a Murano si produsse un evento epocale: nel 1692, l’antica sede vescovile di Torcello (la più antica della laguna!) venne infatti trasferita a Murano per volontà di Marco III° Gustininian. Il nuovo vescovo prese residenza nel palazzo che tuttora porta il suo nome, ed è attualmente sede del Museo del Vetro, non prima di averlo radicalmente trasformato: quello che era un palazzo gotico (di proprietà della famiglia Cappello, che a Murano ne aveva due) venne trasformato secondo il gusto dell’epoca per assumere le forme che tuttora conserva. Quanto alla basilica, gli interventi furono altrettanto radicali e finirono per pregiudicarne la stabilità, tanto che nel 1858 venne chiusa e puntellata; i restauri terminarono soltanto nel 1873, quando la chiesa venne riaperta al pubblico. Per ammirarne la semplicità delle origini (quella delle forme romaniche, che si ritrova anche nella chiesa di San Giovanni in Bragora e in altre gemme veneziane), consiglio di guardarla dal lato che attualmente funge da ingresso per le funzioni religiose, il cui aspetto è ben diverso da quello dalla facciata principale che trovate nelle tante cartoline:
La vera da pozzo che appare in primo piano racchiude a sua volta una gradevole sorpresa: uno dei leoni marciani più antichi fra tutti quelli recensiti in laguna (fonte: Alberto Rizzi, “I leoni di San Marco”). Scolpito sul lato che guarda alla basilica, è un leone alato “in moeca” (il nome del leone in questa posizione) e chissà come sorrideva quando Napoleone venne spedito in esilio a Sant’Elena, perché è uno dei pochi sopravvissuti agli scalpellini che nel 1797 avevano avuto l’ordine di rimuovere a picconate tutti i simboli della defunta (ma invitta) Repubblica di Venezia.
Fonti: le foto sono mie; per le informazioni relative alla basilica, ho attinto alla pregevolissima opera della “Associazione per lo Studio e lo Sviluppo della Cultura Muranese” pubblicata nel 1999 (millenario della pergamena qui citata): si intitola “la Basilica dei SS. Maria e Donato; cinque secoli di incisioni, vedute e progetti” e contiene fra l’altro le foto della pergamena, quella dell’iscrizione in latino del 1141 e quella del bottazzo di Sant’Albano, che non ho qui riprodotto per una questione di rispetto dei (loro) diritti d’autore; lo stesso rispetto chiedo a chi vorrà riprodurre le mie foto: fatelo pure ma citando la fonte, per cortesia. Altre notizie le ho tratte dalla “Piccola Guida di Murano” pubblicata nel 1866 da Vincenzo Zanetti e ripubblicata qualche anno fa (in ristampa “anastatica”) dalla Libreria Filippi Editrice. Per i palazzi nobiliari demoliti nella prima metà dell’Ottocento, la mia bussola è stata “Venezia scomparsa” di Alvise Zorzi.
Buona lettura a tutti, e alla prossima puntata.
Rialtofil, 2 dicembre 2013
Le “puntate” precedenti sono state pubblicate qui:
http://rialtofil.com/2013/08/31/3481/
e qui:
http://rialtofil.com/2013/08/26/il-tesoro-ritrovato-parte-prima-murano-comera-nel-1600/